Con parametri di riferimento univoci che individuino la sostenibilità. Con degli standard, insomma. Esistono questi standard? No. Quindi?

IFSR un anno fa ha promosso un’iniziativa sulla confrontabilità delle procedure di rilevazione degli ESG. A che punto sono? Stanno ancora decidendo se la sede in cui operare dev’essere l’Italia o il Canada.

Al di là della provocazione, è chiaro che esiste un tema legato alla comunicabilità dei fattori di sostenibilità ma esiste anche, evidente, un tema di urgenza: senza uno standard di riferimento non si può fare un rating. Senza rating non si può stabilire chi fa della vera sostenibilità e chi bara. In pratica: non si smaschera il greenwashing. È paradossale che, come abbiamo detto qualche giorno fa, siano soltanto i giovani – che non hanno idea di cosa siano gli ESG – a comprendere la portata del cambiamento climatico e dei suoi effetti sulle nostre vite.

La finanza sostenibile cresce se c’è uno standard in grado di misurare e confrontare offerte diverse sul mercato: è questa la benzina che serve a sostenere il cambiamento verso la transizione ambientale. Senza uno standard di riferimento è difficile persino intavolare un reale dibattito intorno ai bilanci di sostenibilità.

È chiara questa necessità? È chiaro che il tempo corre e ce ne resta sempre di meno? Non sembrerebbe. Servono decisioni importanti, decise e nel breve periodo forse anche impopolari. Chi avrà questo coraggio?



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