Ci hanno raccontato che di fronte alla pandemia siamo tutti sulla stessa barca. Non è così. La qualità della barca cambia eccome a seconda del profilo sociale.
Ne parla Luigi Mastrodonato su Wired Italia.
Il punto di partenza è un dato ormai noto: a dicembre il 98% (!) di chi ha perso il lavoro in Italia è donna.
Il motivo è molto semplice: gli effetti depressivi dell’emergenza sanitaria sul mercato del lavoro colpiscono maggiormente chi è meno tutelato. Un’ovvietà, forse, che però nessuno sembra intenzionato ad affrontare con la necessaria determinazione.
Le donne, in particolare, sono impiegate soprattutto nei settori che più di tutti stanno vivendo la crisi, come quello dei servizi, e nemmeno il blocco dei licenziamenti è riuscito a evitare che le forme contrattuali più deboli che le vedono maggiormente coinvolte, come il part-time, fossero travolte dai tagli.
L’emergenza sanitaria non è democratica: sta amplificando e accentuando disuguaglianze che già esistevano. Tutto questo rischia di avere conseguenze a lungo termine più devastanti del virus stesso.
Occorre riportare i valori al centro dell’agenda politica ed economica del Paese.
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